I radiosondaggi, li possiamo descrivere come una fotografia dello stato attuale della atmosfera a tutti i suoi livelli, misurato tramite il lancio di palloni sonda. Questi sono uno strumento perfetto per rappresentare numericamente lo stato della colonna d’aria che ci sovrasta.
A differenza dei modelli di calcolo, questo strumento non è predittivo ma di analisi. Tuttavia può offrire indicazioni sullo sviluppo delle nubi nelle ore successive la pubblicazione dei dati. Una sua consultazione può tuttavia spiegare il comportamento delle nubi, che di giorno in giorno osserviamo essere sempre diverso.
L’utilizzo dei radiosondaggi avviene soprattutto in campo aeronautico, ma sarebbe auspicabile un loro maggiore utilizzo anche nel campo della meteorologia applicata in particolare alle allerte.
Questi ultimi giorni, contraddistinti da elevata instabilità atmosferica, ci stanno regalando spettacolari nubi temporalesche, che localmente generano temporali anche decisamente intensi ma molto localizzati.
Premetto che la analisi sarà il più possibile semplificata per agevolare la lettura anche a chi solo di recente sta approcciando la materia.
Alleghiamo commentandola, la bella immagine catturata ieri (10/11/2024) alle ore 12 circa, verso il Monte Arci. In cui vediamo una bellissima nube cumuliforme che sfrutta le correnti ascendenti generate dal monte, in seguito al riscaldamento diurno.
Il primo elemento che notiamo è la forma della nube, quasi perfettamente verticale sul monte, forma che ci segnala la presenza di venti deboli lungo tutta la altezza della nube e in particolare nei bassi strati. In realtà la nube è leggermente angolata verso sud est a causa di una leggerissima circolazione nord occidentale in quota rappresentata dai vettori a destra del diagramma.
Il secondo elemento che osserviamo è la quota alla quale la nube si forma. Essa risulta essere molto vicina alla cima del monte (altezza massima 812 mt). Questo indica aria molto umida alle basse quote e il grafico ce lo conferma con il valore LCLP (livello di condensazione forzata) cerchiato in azzurro. La quota è espressa in valore di pressione, quindi dobbiamo sapere che i 923 hPa mostrati equivalgono a circa 1100 metri.
Il terzo elemento che possiamo osservare è la altezza notevole raggiunta dalla nube. Il limite teorico è mostrato dalla linea gialla situata poco sotto i 9.000 metri. Tra le sigle presenti a destra la evidenziamo cerchiando in verde la sigla EQLV (equilibrium level) situato a 328 hPa (quasi 9.000 metri).
Al raggiungimento dell’EQLV la nube tende ad aprirsi a fungo. Nella immagine allegata tale quota potrebbe non essere stata ancora raggiunta da parte del top della nube, che sembra avere ancora intenzione di proseguire la sua corsa verso l’alto.
Valutare l’EQLV senza considerare altri parametri è del tutto inutile. La analisi dell’EQLV va associato a una analisi di un secondo parametro molto importante che è il CAPE, da valutare non solo numericamente, ma in base alla sua estensione nel grafico allegato (vedi area indicata in rosso). Il CAPE ci serve a misurare quanto saranno rapide le correnti ascendenti dentro la nube, quindi più l’area del CAPE è “larga” più veloci saranno le correnti ascendenti e più rapidamente avverrà la condensazione dell’umidità contenuta nella massa d’aria.
Nel nostro caso vediamo un area del CAPE decisamente larga situata tra i 2.000 e i 5.000 metri circa, segno di moti ascendenti molto violenti e di una condensazione molto rapida). Le quote superiori, quindi tra i 5.000 e i quasi 9.000 metri, vedono invece un area del CAPE quasi nulla, in cui la massa d’aria continua a salire, ma le sue velocità ascendenti risultano meno rapide rispetto alle quote sottostanti.
Valutare i parametri appena mostrati è importante ma del tutto inutile, se non teniamo conto del CIN (convective inhibition) detto anche volgarmente anti CAPE. Il CIN è mostrato nel grafico con l’area evidenziata in blu. Nel caso analizzato si mostra molto limitato come valori e come estensione, si colloca a quote veramente basse comprese tra i 500 e i 1.000. Come testimonia la instabilità pomeridiana originatasi nel pomeriggio su quasi tutti i rilievi del sud Sardegna, risulta molto facile da bucare anche per le deboli correnti convettive diurne generate dai monti a metà Novembre.
Il CIN può essere visto come un coperchio che chiude una pentola a pressione. Più questo coperchio risulta spesso e solido, più si riuscirà a confinare nella pentola (bassi strati) il vapore. Il vapore della pentola lo possiamo invece intendere come le correnti ascendenti prodotte dal riscaldamento diurno dei rilievi (maggiore o minore in base alla stagione) o il superamento orografico forzato di un rilievo da parte di una massa d’aria a causa di forti venti nei bassi strato, oppure la convergenza tra venti a livello del suolo, data dalla orografia o dalla rotazione attorno a minimi di pressione nei bassi strati.
Leggere i grafici (diagrammi SKEW-T) risulta quindi di grande importanza per riuscire a capire quanto quotidianamente osserviamo nel cielo attorno a noi.
Ecco un link in cui è possibile consultare i radiosondaggi
https://weather.uwyo.edu/upperair/sounding.html